sabato 4 giugno 2011
documentare
Mundaneum
Mons, una sessantina di chilometri a sud-ovest di Bruxelles, 76 di rue de Nimy.
"Nel 1895 due giuristi belgi decisero di mettere insieme lo scibile universale e di catalogarlo con un sistema che chiamarono Classificazione Universale Decimale ( quella tutt'ora in uso nelle biblioteche) stabilendo lo standard e il formato delle schede bibliografiche, così come delle cassettiere che le raccolgono. Erano Paul Otlet, figlio di un grande industriale e Henri-Marie La Fontaine, premio Nobel per la pace nel 1913. La loro pratica era guidata da una teoria, che culmina, nel 1934, nel Traitè de Documentation di Otlet, basato sul principio secondo cui tutto può essere documentato. L'idea era che il mondo esiste per entrare in un catalogo, che avrebbe ordinato il sapere e, per quella via, avrebbe favorito la conoscenza fra i popoli e propiziato la pace universale.
...Poco alla volta il visitatore coglie un'aria di famiglia in quelle carte d'altri tempi, e a un certo punto si fa avanti l'illuminazione: il sogno di Otlet e La Fontaine si è realizzato da un pò di anni, ed è il web."
da Documentalità, Maurizio Ferraris
qui importe qui parle
In questa prima “esplorazione” vi propongo una riflessione da condividere a partire da un contributo di Antonio Negri al simposio Arte e lavoro immateriale del 2008 che si è svolto a Londra.
La sua è un’analisi complessa costruita a partire dal titanico tentativo di interpretazione del contemporaneo espresso in testi come Impero e Moltitudine, scritti in collaborazione con Michael Hardt, e dove l’attività artistica, sta sempre dentro il modo di produzione esistente e lo riproduce, cioè lo produce e lo contesta, lo subisce o lo distrugge. L’attività artistica è un modo, una forma singolare della forza lavoro. L’opera d’arte è, dunque , sempre, come lo è il produrre nell’epoca del capitale, due cose: merce e attività….:non solo dunque quel modo di produrre arte che è ricondotto alla produzione di merci, ma quel modo di produrre arte che è null’altro che la figura, la potenza dell’essere creativi nel mondo. La forza lavoro come libero uccello nella selva della vita.
Ecco un’immagine che ha una sua vitalità, la forza lavoro come libero uccello che si staglia nel cielo di un paesaggio in stile materialista, nella luce obliqua di un interminabile tramonto, in un epifania di strutture e di sviluppi dei modi di produzione, come dismisura, eccedenza che scopre forme in un surplus di produttività.
L’attività artistica è resistenza al presente, ostinata resistenza.
Nel tempo si è chiarita per me la visione del nostro fare arte come un’inesausta indagine nel mondo alla ricerca di indizi di opposizioni, di azioni d’eccedenza volte al singolare, di tracce di quel movimento scomposto che è “ il tirarsene fuori”.
Cercare nel mondo, perché siamo lì e non possiamo andarcene altrove, perché non abbiamo idea di come fare opposizione se non attraverso questo mirabile inganno.
Il nostro ultimo lavoro, ancora in via di realizzazione, è una serie di video con un titolo comune, “Scarto minimo”, in cui la parola scarto è brusca deviazione, differenza, ma anche ciò che viene escluso in base a una scelta.
Vorremmo dare corpo al discorso dell’esclusione nella sua versione minima, non spettacolare, comune, tentare di mettere in scena l’atto di una resistenza balbettante, lo scarto minimo di un falso deragliamento, come sempre attraverso le parole degli altri, perché qui importe qui parle?
Il paradosso artistico odierno consiste, intensivamente quanto estensivamente, nel voler produrre in altro modo il mondo ( e i corpi e i movimenti) da dentro un mondo che non ne riconosce altri e sa che il fuori da costruire non può che essere l’altro di un dentro assoluto.
In un ottica di utopia concreta, Negri conclude il suo intervento proponendo un cammino a tre stadi attraverso i quali definire uno stile di produzione artistica, uno stile che sia attraversato da un’etica.
Non vi propongo queste prescrizioni per indicare una direzione del fare artistico, ma trovo interessante che gli stadi proposti, pensati da un intellettuale per indicare uno stile artistico, possano essere un possibile strumento di riflessione e di lavoro concreto per GAP, dove il gruppo è già movimento infinito dei corpi e degli eventi, immagini di vita e espressione del sapere in cui immergersi.
1) il primo stadio consiste nell’immersione nel movimento infinito dei corpi e degli eventi che ci circondano, delle immagini di vita e dell’espressione del sapere. Meglio, mettersi all’opera di decostruzione del reale che la pura e semplice immersione esige, qualora essa muova dal desiderio critico. Vita nuda, povertà, desiderio critico- questa è sempre la sezione dell’immergersi. Ci si trova a comporre il grande sciame delle singolarità. Esse vogliono confluire nel comune, mantenendo la loro libertà.
2) il secondo stadio è riflessivo. Si presenta come un momento di riconoscimento del comune. Qui si agisce come sciame ricomponendo non più semplicemente la moltitudine ma la figura dello sciame, il suo disegnarsi come direzione volatile, telos materialista che sorge dal basso, da ciascuna e da tutte le singolarità. L’immersione povera nella molteplicità trova allora qui la direzione dell’amore – attraverso amore si costruiscono la solidarietà dei corpi e le decisioni dello spirito. Una vera e proprio metamorfosi si opera così sulla molteplicità che costruisce lo sciame. Il lavoro immateriale ha finalmente trovato una legittimità etica che è strutturalmente legata al suo reinventarsi come forma di vita. L’arte si definisce come forma di vita, qualificata dalla povertà, alla sua base, e dalla volontà rivoluzionaria all’apice del divenire-sciame.
3) Eccoci dunque in questo movimento, nel suo terzo stadio.( Un tempo Paolo Virno, anticipando buona parte delle intuizioni e dei concetti che poi furono espressi a proposito del lavoro immateriale, definì le performaces di questo lavoro come capolavoro. La potenza ermeneutica di Virno non si può sottovalutare. Essa va tuttavia ulteriormente sviluppata), una volta che l’omologia del formarsi dello sciame moltitudinario e dell’operatività del lavoro immateriale ( e cognitivo e affettivo) sia stata riconosciuta. Quel comune che in forme artistiche si è sviluppato, va ora incarnato da una decisione collettiva, in un governo comune. Meglio, organizzato da una governance delle/sulle/nelle forme di vita che sono state costruite. Il bello sta in questo costruirsi del limite etico-politico del comune, quando l’esperienza del comune - contro ogni tentativo di comunità- esprime governo e forme di vita libere e ricche. –
mercoledì 1 giugno 2011
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