giovedì 5 maggio 2011

il suono

Il suono ha origine dalla vibrazione dei corpi elastici. Questa vibrazione, trasmessa dall'aria
circostante sotto forma di onde acustiche, viene captata dall'orecchio umano e trasmessa al cervello il
quale ne esegue la decodifica.
Il rumore è un segnale di disturbo rispetto all'informazione trasmessa in un sistema.
Come i suoni, il rumore è costituito da onde di pressione sonora.Il rumore è un fenomeno oscillatorio che consente la trasmissione di energia attraverso un mezzo. Nel vuoto non è possibile la trasmissione di rumori o di vibrazioni. Il rumore viene definito come una somma di oscillazioni irregolari, intermittenti o statisticamente casuali. Dal punto di vista fisiopatologico, facendo riferimento all'impatto sul soggetto che lo subisce, il rumore può essere meglio definito come un suono non desiderato e disturbante.
Una delle più comuni definizioni di musica è di quella di arte del suono organizzato, o - più specificatamente - di arte del produrre significati e sensazioni, più o meno complessi - e comunque di natura volontaria - organizzando suoni e silenzio. Simili definizioni - comunemente accettate - sono state ampiamente adottate sin dal diciannovesimo secolo, quando si iniziò a studiare scientificamente la relazione tra il suono e la percezione.
La musica è un mezzo di comunicazione artistica, è quindi un linguaggio, un linguaggio basato su dei canoni stabiliti e organizzati espresso con mezzi (strumenti di lavoro) e captato dal sistema uditivo per essere decodificato dal cervello (percezione). E' quindi un linguaggio a tutti gli effetti.
L'insieme di questi canoni organizzati (metodologia), dopo essere stato decodificato e percepito viene riconosciuto secondo i canoni stabiliti a cui il cervello è tradizionalmente abituato ed educato. Ma cosa succede se usciamo da questo linguaggio? cosa succede se usciamo dal suono organizzato? cosa percepisce il nostro cervello?
Fino al diciannovesimo secolo, e tuttora nella maggior parte dei conservatori, questo uscire dal canone organizzato veniva, e viene, definito cacofonia..... cioè inascoltabile, fastidioso. Se si eseguono due note contemporaneamente che hanno la distanza di un semitono è definito errore, come pure errore è eseguire una nota in una tonalità che non prevede quella nota.
Ma poi viene Arnold Schomberg e nella sua visione di comunicazione musicale c'è l'esecuzione di tutte le 12 note senza limite dato dalla tonalità stabilita, per questo all'ascoltatore sembra di camminare senza un punto di appoggio, senza riferimento conosciuto. John Cage compone per "prepared piano" un piano preparato che esegue suoni che non corrispondono alle note stabilite dalla metodologia ma sono note che stanno nel mezzo del semitono e modifica anche la loro timbrica in modo che non si riconosca nemmeno che il mezzo usato è un pianoforte, compone anche "4'33" per qualsiasi strumento" l'opera consiste nel non suonare lo strumento e restare nel completo silenzio per 4 minuti e 33 secondi.
Edgar Varése e Stockhausen inseriscono nelle loro opere dei "rumori" onde irregolari non riconosciute come suono, fino ad arrivare, per Stockhausen, a comporre una suite per "elicotteri ed archi"
E' chiaro che le persone che ascoltano queste opere non riconoscono queste composizioni come "musica ascoltabile" perchè la loro percezione musicale si basa su canoni tradizionali, ma, chi invece studia questo tipo di musica e quindi allena il proprio cervello ad una percezione di questo tipo di armonia musicale riesce a riconoscerla.
Si è usciti da un linguaggio? oppure si è creato semplicemente un ulteriore linguaggio? il tentativo di uscire dal linguaggio crea inesorabilmente un ulteriore linguaggio? daltra parte basterebbe che il mio linguaggio lo capisse anche solo un essere vivente nell'universo per poterlo chiamare linguaggio.....

1 commento:

  1. Totalmente d'accordo. Ogni forma di comunicazione si basa (a meno che non scegliamo di credere all'esistenza di una "sensazione pura", "immediata") sull'adesione a - o se vogliamo sulla trasformazione di - "canoni stabiliti e organizzati". Rossi-Landi li definisce "programmi" di comunicazione ed ogni forma di comunicazione è l'esecuzione di uno di questi "programmi".

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